Il consumatore difettoso, nel suo piccolo, … s’incazza!

Oggi pomeriggio (Santa Croce in Fossabanda, ore 17.30) sarà presentato il volume di Turiddo Campaini (Presidente Unicoop Firenze) che racconta la sua storia e di quella che è diventata la più grande cooperativa di distribuzione in Italia. Una storia che racconta come una persona e un’impresa siano stati in grado di declinare insieme logiche economiche e logiche umane. In un certo senso l’impresa Coop è un esempio di come la logica capitalistica sia addomesticabile e il mercato possa essere visto come uno dei contesti in cui la competizione tra le imprese trova un riscontro, ma non l’unico. I rapporti con le persone e con la società in generale costituiscono un severo banco di prova per le istituzioni che intendono crescere in modo “sostenibile” rispetto al contesto sociale di riferimento. Una corporate social responsibility che trova riscontro anche nella governance di questa cooperativa che continua a tenere insieme un nucleo direzionale di professionisti e un comitato di controllo espressione dei soci. In questo libro si sostiene anche la tesi che il ruolo dell’uomo all’interno del sistema economico e sociale non possa essere ridotto a quello di consumatore (o produttore o distributore).

Per di più domenica ho visto Report, l’ultimo di quest’anno, che ha trasmesso un ottimo servizio sul “consumatore difettoso” ovvero sulla condizione di perenne precariato dell’individuo nei sistemi capitalistici moderni: un precariato fatto di desideri e ambizioni fortemente incentivati dal sistema e un potere d’acquisto che non cresce mai abbastanza. Il tutto condito da un sistema di rilevazione delle prestazioni dei sistemi economici che focalizza sul Pil il quale, paradossalmente, si ingrossa anche quando si devono spendere dei soldi per riparare ai danni di uno sviluppo non sostenibile (la salute dei cittadini di Taranto, le condizioni dei corsi d’acqua intorno a Milano, ecc.).

Il collegamento tra questi due eventi mi è parso evidente in quanto in entrambi i casi emerge un approccio al consumatore che mi pare un po’ superficiale, anche se assolutamente ben intenzionato. O che comunque non tiene conto di quanta acqua sia passata sotto i ponti della ricerca e della pratica quotidiana. In sostanza si sostiene che il consumatore sarebbe una vittima, un alienato, destinato a consumare sempre di più e sarebbe necessario invertire questa tendenza. Esiste una verità in questa lettura, legata a tutti quei casi in cui il consumo acquista una valenza esistenziale primaria, vuoi per mancanza di alternative (affetti, cultura), vuoi per interesse precipuo delle istituzioni economiche che hanno bisogno che il cittadino consumi a più non posso. E’ peraltro vero che consumare significa anche (e forse soprattutto) costruire significati e legami sociali. Significa contribuire alla realizzazione di una società più aperta, libera ed espressiva. Significa liberarsi dal condizionamento della necessità ed esprimere la propria identità.

In entrambi i contesti (il libro di Campaini e il documentario di Report) si sostiene l’idea che l’individuo non può essere ridotto al mero ruolo di consumatore. Anzi, sarebbe necessario che l’individuo riprendesse coscienza dei modi più alti e sofisticati di realizzare se stesso e abbandonasse il consumo o lo riducesse. … e in base a quale fonte normativa o morale? Come si fa a convincere le persone che si sono guadagnate il diritto a un bel 50’ 3D (magari a rate) a rinunciarci? Proprio ora che, seppure con qualche sforzo, pensava di aver acquisito un certo status gli vogliamo dire che “No, ci siamo sbagliati. Il 50’ 3D non fa per te. Non è per il tuo bene”. … E’ difficile, eh?

Non solo, ma come dicevo, di ricerca ne è stata fatta negli ultimi 20 anni che dice alcune cosette che riassumo qui sotto:

  • lo studio dei consumatori di tipo psico-economico asservito agli interessi delle imprese e delle istituzioni è una tradizione robusta che fino agli anni ’90 costituiva il 100% della letteratura disponibile (a parte qualche voce fuori dal coro tipo Vance Packard, peraltro un giornalista)
  • dai primi anni ’90, grazie agli studi di matrice interpretivista (Hirschman et al., 1989; Belk et al., 1991), si comincia ad analizzare il consumatore dal suo punto di vista e la rilevanza manageriale dei risultati di questa ricerca non è più considerata una necessità, né un dogma. I risultati devono essere rilevanti per capire meglio il consumatore e se possibile aiutarlo a consumare meglio, ma dal suo punto di vista, non quello del sistema
  • si sviluppano filoni interessanti che studiano a) la resistenza dei consumatori, b) la trasformazione dei mercati, c) il marketing critico, d) il macro-marketing, ecc. per citare i principali. In tutti questi ambiti si osserva la realtà del processo di mercato con un’ottica “complice” del consumatore e non orientata al suo sfruttamento
  • Inoltre, cosa forse più importante, si dimostra che il consumatore, date certe condizioni, s’incazza. E anche parecchio: smette di comprare, cambia marca, boicotta, partecipa a campagne di contro-informazione, ecc. Insomma sviluppa quello che si definisce consumo politico (Micheletti et al., 2004)

E in effetti, una delle cose interessanti che il servizio di Report fa vedere è una certa capacità di risposta critica da parte dei consumatori, quella che noi ricercatori chiamiamo “consumer resistance”, ovvero la capacità di resistere alle lusinghe del mercato e del consumismo. Il caso dei bilanci di giustizia o delle transition towns stanno a dimostrare che il consumatore non è un dannato, una vittima oppressa dal sistema. I consumatori s’incazzano e sono in grado di produrre una forma di anti-consumo che si oppone o aggira il sistema di mercato, ma non lo rifiuta. Consumare è necessario e spesso divertente, con moderazione, il problema è cercare di farlo in modo equo e sostenibile. Anche i GAS (gruppi d’acquisto solidale) sono un esempio di questo tipo, una forma di reazione in cui i consumatori rifiutano di fare la spesa nei canali tradizionali e organizzano un sistema alternativo, ispirato a una maggiore autenticità e genuinità dei prodotti e alla tutela del territorio e dei piccoli produttori. Nel caso dei GAS, addirittura, il consumatore si trasforma e diventa una specie di distributore/intermediario/imprenditore che insieme ad alcuni (piccoli) produttori organizza dei modelli di business etico e sostenibile che competono con la distribuzione tradizionale. E’ una competizione civile e ideologica, ma anche economica e commerciale. Appunto, le due cose insieme.

In definitiva, i consumatori sono bravi e intelligenti e si organizzano dal basso in progetti e campagne che mirano a “trasformare” il mercato, a migliorarlo, insegnando alle imprese che comprare è un modo di partecipare alla vita sociale. E’ un’attività politica quasi più del votare. Qualcuno sostiene che dietro a queste parole ci sia una forma di “idealismo sociologico”, ovvero il ricercatore vorrebbe vedere una realtà diversa da quella in cui vive e quindi enfatizza gli aspetti che ritiene più idonei a trascinare il cambiamento desiderato. La risposta è sì: è proprio così. Io vorrei vedere un processo di mercato diverso da quello che vedo e siccome alcuni piccoli germi di cambiamento mi pare di intravederli, do loro risalto e cerco di far comprendere che essi costituiscono una delle strade per un mercato meno impersonale, più ideologico, più sociale e socievole. Un mercato di cui abbiamo bisogno e che deve soddisfare i nostri bisogni, non i suoi. Un po’ di questa impostazione “militante”, ancorché accademica, mi viene dall’osservare il lavoro degli altri e uno credo debba essere citato a mo’ di esempio e cioé Francesco Gesualdi, con il suo Centro Nuovo Modello di Sviluppo, i suoi libri, la sua onestà intellettuale.

Hirschman, E. C., Ed. (1989). Interpretive Consumer Research. Provo, UT, Association for Consumer Research

Belk, R. W., Ed. (1991). Highways and Buyways: Naturalistic Research From the Consumer Behavior Odyssey. Provo, UT, Association for Consumer Research.

Micheletti, M., A. Føllesdal, et al. (2004). Politics, products, and markets: exploring political consumerism past and present. New Brunswick, N.J., Transaction Publishers.

8 Responses to Il consumatore difettoso, nel suo piccolo, … s’incazza!

  1. paolo ha detto:

    Bellissimo, bravo Daniele, sei chiaro e avvincente.
    A Calci, al nostro Circolo (una banda di sbandati) il giovedì c’è il GAS, un grande e incallito GAS, ed è un gran piacere vedere tutte queste persone incontrarsi, scambiare, parlare, progettare, aggirare, consultare.
    Grazie Daniele, il futuro è nelle nostre tasche, e luoghi come questo aiutano la speranza.
    Abbracci parecchi

    • daniele dalli ha detto:

      Caro P., conosco il Gas di Calci e a breve mi faccio vivo lì da te perché vorrei saperne di più su alcune questioni. Abbracci.

    • Pompeo ha detto:

      Non sapevo di far parte di una banda di sbandati – e di esserlo quindi io stesso…!!
      (A scanso di equivoci, ovviamente scherzo!).
      Pompeo

  2. Caro sig. Dalli, nel suo scritto sul “consumatore responsabile” Lei mette in relazione il libro-intervista di Campaini, presidente Unicoop, con altre realtà attente all’acquisto solidale ed ai valori etici di cui Unicoop si farebbe portatrice.

    La cosa a noi dipendenti appare alquanto stridente per vari aspetti, ma per sintesi gliene segnaliamo uno particolarmente grosso, oltreché recente. Mentre Campaini presenta il suo libro dal significativo sottotitolo “Quando i valori dell’uomo condizionano le leggi del profitto”, Unicoop FI si appresta a varare una NewCo in stile Marchionne (in pratica una “bad company”) dove inserire tutti i negozi coop che risultino “non redditizi”. Per adesso i negozi son 17 minimercati “storici” e “fondativi” di Unicoop Firenze, poi si vedrà. Alla faccia dei valori.

    I dipendenti passeranno alla nuova società con orario maggiorato e salario diminuito.
    Insomma, come al solito si predica bene ma si razzola parecchio male, con buona pace di campaini.

    Può leggere la notizia qui:
    http://lavoratori-unicoop.blogspot.com/2010/12/modello-marchionne-alla-coop-si-pensa.html

    Cordiali saluti

    Lavoratori Unicoop Blog

    • daniele dalli ha detto:

      Ho verificato un paio di fonti rispetto a questo commento e mi pare di poter dire che al momento questo è un progetto sottoposto all’attenzione dei soci e dei sindacati e quindi da discutere. … Peraltro è evidente che si tratta di una di quelle situazioni, descritte anche nel libro, in cui gli interessi dell’impresa e quelli degli stakeholder (in questo caso i lavoratori) entrano in potenziale conflitto. Si tratterà di vedere a quali esiti condurrà la negoziazione che si sta aprendo su questo punto. In passato mi pare di poter dire che le scelte dell’impresa hanno tenuto in conto gli interessi e le istanze sociali (soci, clienti, cittadini e dipendenti). Di certo non mi pare ci sia stato o ci sia un Marchionne alla guida di Unicoop. Ad ogni modo in bocca al lupo.

    • Pompeo ha detto:

      Anch’io, con il prof. Dalli, ho partecipato alla presentazione del libro di Turiddo Campaini. E anche a me pareva che dal libro emergesse innegabilmente l’attenzione alle esigenze del mercato, contemperate però ai vincoli dettati dal rispetto dei lavoratori. Nel passato, come ricordava Daniele, questo approccio non mancò comunque di causare conflitti durissimi, come quando furono chiusi e riaccorpati alcuni punti vendita in forte perdita. Quelle scelte, come è raccontato nel libro, costarono a Campaini (che ebbe il coraggio a soli vent’anni di scioperare pur sapendo che questa scelta avrebbe comportato il suo licenziamento, che puntualmente avvenne) accuse pesantissime, ma mi pare che ciò che ne è seguito abbia dimostrato la fondatezza di quelle decisioni.
      Non sono in grado di giudicare appieno le scelte che si stanno profilando, né so quanto si tratti di mere ipotesi o di piani concreti. Mi pare tuttavia che il giudizio espresso da Campaini nel libro sull’operato di Marchionne – e ribadito durante la presentazione del libro in seguito a una mia sollecitazione che mirava proprio ad accostare le decisioni recenti di Marchionne con quelle operate in passato dalla dirigenza di Unicoop – sia tale da far credere che egli non voglia ripercorrerne le scelte. Anch’io non posso fare altro che formulare i migliori auguri ai lavoratori unicoop, che potranno certamente contare sull’attenzione della società civile nell’evoluzione della vertenza che li riguarda e che confido che possa svilupparsi in piena trasparenza.

  3. andrea ha detto:

    Grazie prof,
    sono un suo ex studente e questo post me lo sono proprio goduto! Attualmente mi trovo in una posizione controversa: da una parte studente di marketing, quel marketing “classico” un pò reazionario, quello delle quattro p e dei bisogni indotti, dall’altra consumatore critico, difettoso e incazzato, socio fondatore e referente di un GAS e affascinato dalle teorie sulla resistenza dei consumatori, da Gesualdi a Kalle Lasn, passando dallo smarketing di Geronimi Stoll o il mini-marketing di Gianluca Diegoli. Ho cominciato ad apprezzare sobrietà e consumo critico quando all’università ho studiato le teorie dell’economia neoclassica, il Pil, la crescita e il marketing tradizionale.
    E allora che fare? Da che parte schierarsi? C’è un mio amico “gasista” che spesso mi dice: ci sei molto utile, sei come quei soldati infiltrati tra le linee nemiche, tu conosci il nemico meglio di tutti noi!

    Grazie ancora prof, soprattutto perchè mi ha insegnato a decostruire tutto.

    • daniele dalli ha detto:

      Grazie mille, soprattutto per la parola “decostruire”, non a caso il correttore ortografico la segna in rosso. Se davvero te l’ho insegnato io, beh questa è la soddisfazione più grande. Decostruire è una bella rogna e a volta ci porta dritti dritti all’auto-critica e alla presa di coscienza di essere parte attiva del meccanismo che così poco ci soddisfa, il che significa che dobbiamo metterci in discussione. E’ fatica e sacrificio, magari piccoli e quotidiani, ma sempre sacrifici. Ma ne vale la pena, penso, per vivere in modo più consapevole i processi socio-economici che ci coinvolgono. … Buon Anno.

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